Tra Calderón e la croce metti Camus
di Osvaldo Guerrieri

Il 14 giugno 1953 il regista Marcel Herrand metteva in scena nel castello di Angers La devozione alla croce di Calderón de la Barca: Ner erano protagonisti Maria Casarés e Serge Reggiani. Il testo francese era firmato da Albert Camus e adesso è pubblicato da Diabasis (pp. 114, Euro 12,50). Non si trattava banalmente di una traduzione. Il "dramma religioso" fornito a Herrand era innanzi tutto un testo per attori, sfrondato dai rallentamenti retorici e calato nella recitabilità.. ed era un testo d'autore: aderiva al dialogato calderoniano, ma qua e là spargeva i segni di un'ideologia e di una visione del mondo che, intrisi di pessimismo, non potevano coincidere con la religiosità del drammaturgo barocco.
Dominata dal principio "tutto è grazia", la tre giornata della Devozione calderoniana si svolgono a Siena e raccontano l'oltraggiosa avventura di Eusebio, che gli eventi costringono a diventare brigante e assassino. Figlio di padre ignoto, egli ama Giulia, ma in duello le uccide il fratello. Costretto a fuggire mentre l'amante viene spedita in convento, terrorizza la regione con le sue malefatte. Un notte s'introduce nel convento per sedurre Giulia, ma vedendo che sul seno di lei brilla una croce, fugge spaventato. Anche Giulia abbandona il convento e si unisce alla banda di Eusebio. Quando Curzio, il padre della giovane, va a cercare il bandito per compiere la propria vendetta, si trova dinanzi a un uomo che gli offre serenamente la vita. Ma Eusebio è destinato a morire due volte. L'anima infatti non potrà staccarsi dal corpo siano a quando Eusebio non si confesserà all'eremita Alberto, a cui il brigante, una volta, risparmiò la vita. Sì, tutto è grazia ne la Devozione che compose nel 1633 e che nessun editore italiano ha da anni in catalogo. La croce domina gli eventi come una presenza prodigiosa. Subito dopo la nascita, l'incolumità di Eusebio è garantita da una croce. L'eremita scampa al corpo mortale perché protetto da un libro sui miracoli della croce. La croce appare sul seno di Giulia e una croce è incisa sul petto di Eusebio. Questo emblema lo rivela figlio del vendicatore Curzio. La croce è, per Calderón, il tramite tra l'uomo e il cielo.
E Camus? Eliminando battute e mirando al tragico, lo scrittore pone il problema della mortalità che costringe l'uomo alla rivolta. Lo vediamo soprattutto nel finale, là dove il padre uccide il figlio che non sapeva di avere. S'ingaggia così una lotta fra l'uomo e il cielo, tra la libertà "e la più evidente delle assurdità". Si apre una biforcazione ben individuata da Lorenzo Chiuchiù, che nella postfazione dice: se "nell'universo del rivoltoso, la morte esalta l'ingiustizia ed è l'estremo sopruso, in Calderón, la morte puòessere invece l'espressione di una grazia ambigua".