Giudicare un concorso di poesia non è mai un'impresa facile.
La poesia, una delle più delicate e complesse forme d'arte, si presta
difficilmente a paragoni, proprio perché è sia frutto dell'interiorità
del suo autore sia di quella del lettore; entrambi i contributi,
infatti, sono individuali e irripetibili: ognuno è libero, entro certi
limiti, di interpretare una poesia e ciascun autore vede la realtà, o
una sua porzione, in maniera diversa dall'altro.
Ma Lorenzo Chiuchiù sembra averci messo "qualcosa" in più degli altri
poeti in gara, almeno quel tanto che basta per regalargli una splendida
vittoria nella 57esima edizione del Premio Ceppo di Pistoia.
In "Sorteggio" -questo il nome della sua raccolta- non troverete un
poetare facile, di immediata comprensione: come scrive Davide Rondoni
nella presentazione in quarta di copertina del libro, qui «c'è un'aria
tesa, di rischio. La poesia non è dopo, non è al riparo. È nel vivo
della questione. Ci sono poeti che puoi sforzarti di seguire e altri che
devi seguire, quasi come un cieco, accettando la cecità che dapprima ti
impongono. Chiuchiù è di questa seconda razza [...]. Questo libro non è
addomesticabile, non finirete dicendo: "interessante". Perchè prende
alla gola, e avvicina una fiaccola alle pupille. E vede se siete ancora
vivi».
Questo libro esercita un fascino di mistero, di oscurità, di
potenza espressiva veramente difficile da trovare in altri poeti a lui
(e a noi) contemporanei, e il lettore di Sorteggio deve sapere che non
può avvicinarsi al libro in modo poco convinto, come se si stesse
leggendo un quotidiano.
Milo De Angelis, uno dei principali autori della poesia italiana di
oggi, scrive di lui: «Lorenzo Chiuchiù compie un viaggio nelle zone più
segrete, impervie e introvabili dell'anima umana. Con lui siamo di
fronte alle tenebre, al buio assoluto e senza scampo che ci vuole
inghiottire. Avvertiamo in ogni pagina il senso di un pericolo, qualcosa
di mortale, qualcosa che può accadere da un momento all'altro».
E dobbiamo credergli, così come ha fatto la giuria del Ceppo, che
proprio ieri l'ha incoronato vincitore dell'edizione 2013 del più
prestigioso premio letterario pistoiese.
La vittoria è arrivata alla fine di un lungo percorso di selezione:
Sorteggio (edito da Marietti, 2012) è arrivato qualche mese fa tra le
mani della Giuria Letteraria del Ceppo (costituita da autori e poeti
italiani come Paolo Fabrizio Iacuzzi e Milo De Angelis) assieme ad altre
circa 70 raccolte poetiche pubblicate negli ultimi due anni. Compito
della Giuria Letteraria era effettuare la prima "scrematura", che ha
portato alla selezione dei 3 poeti finalisti: Chiuchiù, appunto, ma
anche Antonella Anedda, con Salva con nome (Mondadori 2012), e Stefano
Dal Bianco, con Prove di libertà (sempre Mondadori, 2012).
La palla a questo punto è passata ai membri della Giuria dei Giovani
Lettori, fatta da ragazzi e ragazze di età compresa tra i 15 e i 35 anni
ed espressione delle istituzioni economiche e culturali della nostra
città; in un mese di tempo, i 21 ragazzi hanno letto tutti e tre i libri
per arrivare preparati all'appuntamento di ieri, alla Sala Consiliare
del Comune di Pistoia, dove avrebbero indicato la loro preferenza con
votazione segreta.
Erano disponibili, come ogni anno, solo tre votazioni: nella prima per
vincere occorreva la maggioranza dei 2/3 (14 voti), nella seconda quella
assoluta (11 voti) e nell'ultima la maggioranza relativa.
In caso di ulteriore parità il premio sarebbe stato assegnato in ex-aequo.
E come prevedibile, il momento clou della serata non è stato affatto
avaro di sorprese: dopo i primi 2 scrutini risolti in un nulla di fatto,
il terzo spoglio dei voti ha visto un accanito testa a testa fra Anedda
e Chiuchiù che ha tenuto tutti col fiato sospeso.
L'esito finale lo sapete. Chiuchiù vince con dieci voti, staccando Anedda (8) e Dal Bianco (3).
Questo concorso di inserisce, però, in un contesto artistico e
culturale più ampio dell'evento di ieri: sono state organizzate nei
scorsi giorni diverse manifestazioni ed "esibizioni" poetiche tra
Firenze e Pistoia, in cui gli autori hanno parlato dei loro modelli,
dell'amore, di Pinocchio (quest'anno ricorre l'anniversario numero 130
della sua pubblicazione), ma è d'obbligo menzionare anche i numerosi
incontri coi ragazzi delle scuole superiori di Pistoia e pure gli altri
premi assegnati, ovvero il Ceppo Natura a Marco Martella, il Ceppo
Ragazzi a Guido Sgardoli e il prestigioso Premio Bigongiari alla
poetessa angolana Ana Paula Tavares.
Inutile dirlo, tutti gli occhi della città erano rivolti alla
premiazione di ieri sera, che ha suggellato la vittoria -a mio avviso
meritata- di Lorenzo Chiuchiù.
Ma conosciamolo meglio.
Lorenzo Chiuchiù nasce a Perugia nel 1973. Da sempre appassionato e
studioso di letteratura, pubblica studi su Hoffmann, Hölderlin,
Baudelaire e Char; oggi insegna all'Accademia Lingua Italiana, dirigendo
e coordinando dal 2000 i corsi di scrittura creativa. Ha pubblicato e
curato diversi saggi, ed è redattore di Davar. Il suo esordio è Iride
Incendio, uscito nel 2005 (La Vita Felice) e pubblicato nella collana
Niebo, curata dal suo amico e "scopritore" Milo De Angelis.
Sorteggio, il suo secondo libro che lo proietta, a detta di alcuni, tra i
principali poeti italiani di oggi, è suddiviso in cinque sezioni:
Assalti, Redde rationem, Remote, Elementi e Anno platonico.
Tutta la struttura poetica della raccolta si basa sulla potenza delle
immagini, come già accennato precedentemente: «una forza però non da
considerarsi esclusivamente estetica, quanto piuttosto pragmatica per
caratterizzare passo dopo passo l'incedere del libro, per accompagnare
anche all'interno dei cunicoli più stretti, delle insenature più
pericolose».
Sono riuscito a intervistare, tra la confusione generale che ieri
ha fatto seguito alla premiazione, Lorenzo Chiuchiù, così potrete
comprendere alcuni elementi importanti della sua poetica direttamente
dalle sue parole.
Come si sente? Un'impressione a caldo sulla vittoria?
Sono onorato di questo premio: è un premio storico che ha una
lunghissima tradizione, che ha attraversato tutta la cultura italiana ed
è fondante per la storia della poesia in Italia. Era un premio
inaspettato e, per me, un dono.
Bene, partiamo dal titolo: come mai ha deciso di chiamare la sua raccolta Sorteggio? Cosa significa?
Dentro Sorteggio risuonano due voci potenti: da una parte c'è l'idea di
Sors (sorte n.d.r.), che tiene unite le cose e i destini delle persone.
Dall'altro lato c'è questo essere espulsi da qualsiasi tutela: il
sorteggiato è uno che si trova a dover affrontare una storia, un
destino, un tempo. Questo contrasto, che mi ha sempre affascinato, c'è
in quello che scrivo.
Il tema della morte, insieme a tanti altri temi trattati, ha un
ruolo importante: in che senso viene presentata e come si lega a
Sorteggio?
La morte c'è, ma non credo sia un libro pessimista. La morte è, come
direbbe San Paolo, davvero l'ultima nemica. È la potenza contro cui
dobbiamo confrontarci, è la soglia di un grande mistero, o di un grande
nulla.
Quali sono i modelli e le correnti letterarie di riferimento a cui si è ispirato per Sorteggio?
Sono molto legato a una certa poesia francese: amo Char, così ben
tradotto da Bigongiari. Amo anche la poesia russa: Marina Cvetaeva, Anna
Acmatova. Questi forse sono i maestri, i miei grandi maestri.
Ci sono alcune forti immagini (come il bicchiere di terra, il
battesimo nel veleno) nel suo libro che restano impresse: quale forza ha
voluto dargli?
Molto spesso l'immagine arriva e costituisce il nucleo centrale del
testo che poi si scrive. È molto difficile, però, spiegare l'origine di
queste immagini. So che sono immagini consanguinee, che trovano un
accordo fra di loro, e finché non lo trovano non sono degne di finire in
un testo.
Mi può dire, se esiste, una poesia, un frammento, un'immagine della sua produzione a cui è più attaccato?
Non saprei dire. Io immagino i libri come dei percorsi, degli
attraversamenti. Ecco, forse la parola giusta è proprio questa,
attraversamento: ogni sezione è una specie di soglia ideale, e quindi
cerco di non restare legato a una
particolare sezione o a un particolare testo. Ci sono però dei termini
ricorrenti, dei temi ricorrenti, ma questi devono subire delle
metamorfosi, devono diventare sempre altro da se stessi.
di Lorenzo Porciani