Camus: il mio Oscar Wilde dandy e maledetto
TESTAMENTO La "Ballata" è un grido di dolore e di speranza
INEDITI In un saggio mai pubblicato in Italia l' autore dello "Straniero" racconta la trasformazione dello scrittore che dopo lo scandalo andò a morire a Parigi
di Paolo Di Stefano

Albert Camus "smaschera" Oscar Wilde. È questo il senso del brano che pubblichiamo in questa pagina, così come lo illustra Lorenzo Chiuchiù nella postfazione pubblicata, di seguito al testo, dalla nuova rivista Davar. Il saggio di Camus, L' artista in prigione, rimasto finora inedito in Italia, fu pubblicato nel ' 52 come prefazione a una traduzione francese della Ballata del carcere di Reading. In esso, lo scrittore francese intendeva tracciare un ritratto di Wilde e in particolare la parabola poetica che seguì alla reclusione e ai lavori forzati cui l' autore del Ritratto di Dorian Gray fu condannato nel 1895. La vicenda è nota: nel ' 94 Wilde ebbe una relazione con il giovane Bosie; Lord Queensberry, il padre di quest' ultimo, per porre fine allo scandalo lasciò un biglietto aperto presso il club frequentato dallo scrittore irlandese dove lo accusava apertamente di omosessualità. Ma la denuncia per diffamazione sporta da Wilde ebbe per lui risultati catastrofici: Queensberry, che in un primo momento fu arrestato, riuscì ad averla vinta e Wilde, che nel frattempo era andato in vacanza a Montecarlo con il suo amante, fu arrestato prima di essere rilasciato su cauzione. Un secondo processo lo condannò a due anni di lavori forzati e durante la detenzione a Wandsworth il quarantenne Oscar fu processato in contumacia anche per bancarotta poiché non riusciva a pagare a Queensberry le spese giudiziarie. Cominciò così il declino della sua fama. Dopo il trasferimento nel carcere di Reading, la moglie Constance chiese il divorzio e i figli presero un altro cognome. A Reading, Wilde scrisse all' amico Bosie una lunga lettera (che verrà pubblicata postuma con il titolo De Profundis) in cui lo accusava di essere la causa della sua rovina. Se prima Wilde "disprezzava il mondo in nome della bellezza", "all' improvviso", scrive Camus, "il sole si spegne" con il carcere: "Da un giorno all' altro, eccolo, in nome dello scandalo, scandalosamente perseguitato. Senza ancora saper bene cosa è accaduto, si sveglia in una cella vestito di traliccio e trattato da schiavo. Chi verrà a soccorrerlo?". È solo allora che Wilde lascia la "maschera del dandy" per scoprire la pietà e il dolore come oggetto d' arte. Ne verrà fuori la Ballata, che sarà l' ultima sua opera, "testamento spirituale che è grido di dolore e insieme di speranza" (come scrive Chiuchiù). Uscito dal carcere in miseria e nella disperazione, accresciuta dalla morte della madre, Oscar Wilde avrebbe voluto far ritorno a Londra, ma rimane a Parigi dove muore nel 1900. Il saggio di Camus, come detto, viene pubblicato dalla nuova rivista Davar (termine ebraico che significa insieme "parola" e "cosa"), diretta da Anna Giannatiempo Quinzio. Il tema del primo numero è "Solitudini". La rivista, pubblicata dall' editore Diabasis, verrà presentata oggi pomeriggio alle 16 alla Rocca Paolina di Perugia. Saranno presenti la stessa Quinzio, Erri De Luca, Gianni Garrera, Giuseppe Garrera.

"Il carcere gli insegnò che la vera arte non può essere superiore alla vita"
Capì finalmente Dante e Shakespeare di cui aveva tanto parlato

Pubblichiamo parte del saggio di Albert Camus "L' artista in prigione", inedito in Italia che, a cura di Lorenzo Chiuchiù, viene pubblicato nella nuova rivista Davar. Fino al momento in cui scriveva il De Profundis e la Ballata del carcere di Reading, Wilde si è dedicato a dimostrare, attraverso l' esempio della propria vita, che i più grandi doni dell' intelligenza e le più brillanti seduzioni del talento non bastano a fare un creatore. Eppure non desiderava altro che essere un grande artista e, essendo l' arte il suo solo dio, non poteva pensare o credere che questo dio gli rifiutasse la grazia d' essere eletto. Wilde sosteneva infatti che esistono due mondi, quello di tutti i giorni e quello dell' arte; che il primo si ripete fastidiosamente mentre l' opera d' arte è sempre unica. Aveva quindi voltato le spalle alla realtà per non vivere che nello splendore di ciò che credeva essere la bellezza ideale. Il suo più grande sforzo era trasformare la sua stessa vita in opera d' arte e vivere sotto l' unica legge dell' armonia e della raffinatezza. (...) È incerto che Wilde abbia mai pensato, prima della sua condanna, che esistessero le prigioni. Se ci ha pensato, è con la tacita convinzione che non fossero fatte per gli uomini del suo valore. Riteneva inoltre che l' apparato giudiziario non aveva altra funzione che di servirlo, lui, privilegiato, essendo stato il primo a citare in tribunale il padre di Lord Douglas. Quale strano compenso, questi tribunali condannarono proprio lui. Avendo voluto mettere la legge al proprio servizio, ne rimase asservito. Fu allora che seppe che c' erano le prigioni. Fino a quel momento, non ci pensava: il Savoy era riscaldato. (...) Ma, all' improvviso, il sole si spegne. I tribunali, ch' egli si è permesso di provocare, lo condannano. Il mondo per il quale viveva d' un tratto gli rivela, abietto a furia di mediocrità, il suo vero volto e si avventa sulla preda. Da un giorno all' altro, eccolo, in nome dello scandalo, scandalosamente perseguitato. Senza ancora saper bene cosa è accaduto, si sveglia in una cella vestito di traliccio e trattato da schiavo. Chi verrà a soccorrerlo? Se la vita brillante è la sola realtà, allora è la realtà, sotto le vesti del mondo, che l' ha gettato in cella. Se non sa vivere che nella parte soleggiata della foresta, allora Wilde deve morire nell' ombra malsana dove dispera. Ma l' uomo non è fatto per morire e per questo è più grande della notte. Wilde sceglie di vivere, sebbene nella sofferenza, perché nella sofferenza stessa scopre ragioni per resistere. (...) Non ha più altra vergogna se non quella cocente d' essere stato complice di questo mondo che giudica e condanna in un momento, prima di andare a cena a lume di candela. Sa che i suoi fratelli non sono quelli che vivono al Ritz, ma è colui che, durante la passeggiata dei condannati, marcia davanti a lui borbottando parole senza senso, e anche quest' altro che gli detterà la Ballata del carcere di Reading, e i cui passi impediti si mescolano ad altri passi, all' alba, nei corridoi della prigione. "Non c' è - scrisse al più frivolo dei suoi amici - un solo sventurato essere imprigionato con me in questo miserabile luogo che non si trovi in rapporto simbolico con il segreto della vita". (...) Nello stesso tempo, scopre i segreti dell' arte. Il giorno in cui Wilde viene condotto alla Cour des Banqueroutes, grazie a un ulteriore perfezionamento dei suoi persecutori, per apprendere lì la sua completa rovina, le mani legate e tra due poliziotti; il giorno in cui vede un vecchio amico, solo in mezzo a una folla beffarda, sollevare solennemente il cappello e salutare in lui la sventura, è proprio in quel giorno che Wilde capisce e scrive che questa piccolissima azione "gli ha dissigillato tutti gli abissi della pietà"; diventa nello stesso tempo capace di comprendere Shakespeare e Dante di cui aveva tanto parlato senza conoscerli, e solo allora può scrivere uno dei libri più belli che siano nati dalla sofferenza di un uomo. Fin dalla prima frase del De Profundis, infatti, riecheggia un linguaggio che se Wilde l' avesse cercato non l' avrebbe mai trovato e, subito, le fragili e brillanti costruzioni delle sue prime opere vanno in frantumi. Essenzialmente, il De Profundis non è altro che la confessione di un uomo che ammette di non essersi tanto sbagliato sulla vita quanto piuttosto sull' arte, di cui aveva voluto fare la sua unica vita. Wilde riconosce che, per aver voluto separare l' arte dal dolore, l' aveva privata di una delle sue radici e si era negato egli stesso la vera vita. Per servire meglio la bellezza, aveva voluto metterla al di sopra del mondo, eppure, nei panni del prigioniero, riconosce d' aver abbassato la sua arte al di sotto degli uomini, poiché quest' arte non poteva offrire niente a chi è spogliato di tutto. Non v' è niente in Salomé o in Dorian Gray che si possa trovare nel cuore di un galeotto. (...) Allora, forse, comincia un' altra follia che, sotto lo choc della scoperta, identifica ciecamente l' intera vita con il dolore. Ma, in questo momento, Wilde non merita più che tenerezza e ammirazione; solo il suo secolo, il mondo nel quale viveva, è responsabile. È infatti la colpevolezza delle società servili, come è la nostra, cui manca sempre il dolore e l' oppressione per intravedere una verità che tuttavia si trova anche nella felicità quando il cuore ne è degno. Al contrario, quale più grande conquista che quella degli uomini che si elevarono alla povertà grazie alla felicità? Ma, dopo tutto, se si tratta di coloro che per nascita o inclinazione non possono, secondo la parola di Saint-Just, che farsi un' idea orrenda della felicità, allora il dolore è per costoro una delle facce, seppure la meno nobile, della verità; e la verità dello schiavo vale più della menzogna del signore. Eppure, la grande anima di Wilde, elevata grazie alla sofferenza al di sopra delle vanità, aspirava a questa felicità altera che poteva trovare solamente al di là della sventura. "Poi - diceva - dovrò imparare ad essere gioioso". Non lo è stato. Lo sforzo verso la verità, la semplice resistenza a tutto ciò che in prigione precipita l' uomo verso il basso, bastano a estenuare l' anima. Wilde non produsse più niente dopo la Ballade e conobbe senza dubbio l' indicibile infelicità dell' artista che sa i percorsi del genio, ma che non ha più la forza di impegnarvisi. La miseria, l' ostilità o l' indifferenza fecero il resto. (...) È morto vicinissimo a noi, in una di quelle strade della rive gauche dove l' arte e il lavoro fraternizzano nello stesso tormento. Ma che il suo povero corteo funebre sia stato seguito dal piccolo popolo della rue des Beaux-Arts, invece che dai suoi brillanti amici d' un tempo, testimoniava proprio la sua nuova nobiltà e annunciava agli iniziati che un grande artista, nato da poco, era appena morto. (Traduzione di Gaia Chiuchiù) L' autore Albert Camus nacque da famiglia francese residente in Algeria nel 1913. Dal 1940 a Parigi, partecipò alla Resistenza. Nel dopoguerra fu caporedattore del giornale Combat L' affermazione letteraria avvenne nel 1942 con il romanzo Lo straniero. Fra le altre sue opere, La peste (1947) e una serie di lavori teatrali, come Il malinteso e Caligola. Nobel nel 1957, morì nel 1960 Il personaggio Oscar Wilde (foto) nacque a Dublino nel 1854. Studiò a Oxford imponendosi poi, con il suo ingegno brillante e le sue pose eccentriche, nei salotti inglesi e francesi Nel 1891 pubblica Il Ritratto di Dorian Gray, testo di riferimento per estetismo e decadentismo. Nel ' 95 esce L'importanza di chiamarsi Ernesto. Le ultime due opere sono De profundis e la poesia La Ballata del carcere di Reading.