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La
grazia che trasfigura i peggiori criminali, la salvezza suscitata dalla
dismisura del male sono per noi, credenti o non credenti, dei temi familiari.
Calderón pronunciò e illustrò in modo provocatorio
ne La devozione alla croce il tutto è grazia che tenta
di rispondere nella coscienza moderna al nulla è giusto
dei non credenti.
Albert Camus
«Scalerò
il cielo fosse anche fino al sole: lamore insegna laudacia
e la forza. Icaro senza ali, Fetonte della notte attraverserò la
volta dei cieli. Andiamo! Che importa cadere innalzandosi verso le sommità,
dessere ridotto in cenere a metà dellascensione! La
caduta non toglie niente alla gloria di essersi elevati».
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Il 14 giugno 1953, nella corte del castello dAngers, Camus mette
in scena la Devozione alla croce di Pedro Calderón de la Barca:
si
tratta della consacrazione novecentesca dello «stravagante capolavoro»
di «uno dei più grandi geni drammatici che la Spagna abbia
mai generato». Pièce cupa e violenta (non è un caso
che Calderón situi lazione nella lontana Siena),
pubblicata nel 1636 e rimasta a lungo una delle opere meno note e rappresentate
del drammaturgo spagnolo, La Devozione «a metà strada
tra i misteri e il dramma romantico», affascina Camus per la sua
manifesta volontà di dare forma espressiva allidea del «tutto
è grazia». A segnare le vicende di una coppia di amanti,
è una croce che marchia i corpi e imperscrutabilmente salva o danna,
scaraventando i destini in un disegno provvidenziale indistinguibile dallarbitrio.
Camus enfatizza, nella sua versione, lambiguità di un testo
che trasforma la grazia di un Dio dal volto misterioso in un paradosso
violento.
rassegna
stampa:
La
Stampa 9-10-05
La
Nazione 12-11-05
Il
Giornale 26-1-06
Domenicale
Sole 24 ore 28-5-06
Civlità
cattolica 3-6-06 (3743)
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